mercoledì 12 ottobre 2016

Tre sfere rosso magenta inscritte in un cerchio



Vorrei ringraziare tutti voi per essere qui e per la dedizione e la passione che Gabriella mette nell’organizzazione di questo evento che vede riuniti noi relatori. 
Sono Clara Orlandi e  sono diplomata in Missiologia ad indirizzo intereliogioso alla Pontificia Università Gregoriana. La Missiologia è una scienza che studia il primo approccio fra  le persone dei paesi occidentali così detti  evoluti   e i paesi da civilizzare all’indomani della scoperta dell’America.  I primi ad incontrare gli indigeni erano sempre  l’esercito e il clero.
Il clero, come ordinava la Chiesa, era chiamato a redigere delle relazioni approfondite sull’aspetto religioso, socio-economico dei popoli sconosciuti da inviare all’istituto di Propaganda Fide. I documenti dovevano essere redatti in italiano o latino. Quindi documenti preziosi, fonti di prima mano il cui valore conoscono bene i ricercatori. Basandomi su questa vasta documentazione ho portato avanti i miei studi sull’Australia e, ovviamente, sui numerosi viaggi in questo continente.
 Dagli interventi dei numerosi relatori ho voluto ricavare delle parole chiave o frasi effetto estrapolate dalle loro esposizioni. Desidero dare volutamente risalto ai contenuti più che alle persone perché credo che tutto ciò che affermiamo prenda direzioni che vanno ben oltre la nostra personalità, dunque concetti, pensieri nuovi e illuminanti,  non persone. Ho tracciato questa lista, diciamo, a mio uso e consumo perché gli aborigeni avrebbero potuto dare una risposta saggia ad ogni nostro perché. Può sembrare utopistico ma credete è così.
Ecco di quanto si è parlato:
Distruzione di Madre Terra attraverso la globalizzazione, gli alberi le cui fronde sono radici che si nutrono dal cielo. Non esiste un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, summit del clima, isole di plastica, onde gravitazionali molto penetranti. Come osserviamo le forme di vita che ci circondano. Di come il rito mette direttamente a contatto senza dipendere troppo da teorie o persone. Le piante che pensano e le ossa che si riparano da sole durante la notte, la coazione a ripetere e di come stiamo condizionando la nostra ‘divinità’. Sull’anello mancante tra scienza e spiritualità, il Nuovo Rinascimento in Italia. Il Sole giallo è il sole della Terra, il Sole Centrale che regola tutto l’Universo è Dio. Realtà fisiche e metafisiche, la nuova comunicazione verso l’Akasha non deve essere disfattista. Medicina naturale, omeopatia, medicina tradizionale cinese, prevenzione delle patologie attraverso una particolare analisi del sangue. La visione della mistica Ildegarda di Bingen e la sua esperienza naturalistica. Su come dobbiamo sviluppare un pensiero pro-attivo prima a nostro favore e poi a favore dell’altro. Su come gli uomini di potere determinano la vita dell’umanità con interessi egoici. Mancanza di integrazione fra uomo e donna, mancanza di condivisione. Perché facciamo fatica a riconoscere la nostra potenza e a realizzare il piano di Dio? L’ecologia del pensiero, la Pedagogia e le sue implicazioni, il Cantico delle Creature rapportato alla vita di oggi, le mani come fonte terapeutica, la nostra maestra delle elementari ovvero la gratitudine chiamata per nome. Individualismo e coscienza collettiva. E’ sorto un Giardino di Pace. Vibrazioni cosmiche e miti e riti della Luna. San Francesco, portatore di pace al cospetto del feroce Saladino e la mistica di Rumi fondatore del sufismo. 
Vorrei chiudere il convegno con il più assoluto silenzio: il Daidirri che è il silenzio dell’ascolto. Noi siamo qui per imparare da loro, nel rispetto della loro cultura.
Sono ormai trenta anni che studio la cultura aborigena australiana e vorrei portarvi qui stasera un piccolo contributo. Un contributo che non dà soluzioni ai numerosi problemi di cui abbiamo parlato ma vuole semplicemente portarvi nel Tempo del Sogno  in un mondo di 50.000 anni fa. Un  tempo circolare e non lineare, come il nostro, che quindi è vivo ancora oggi.
Immaginate di essere ai piedi della montagna sacra di Uluru, gli Arunta da sempre ne sono i custodi, Ayers Rock, sulle carte geografiche. Nel cuore del deserto australiano sorge questo monolite di granito rosso alto 600 metri, sotto le cui pendici giace addormentato il Serpente Arcobaleno, che è per gli Aborigeni la rappresentazione del divino. Uluru era motivo di aggregazione per gli aborigeni, qui avvenivano i corroboree, le loro cerimonie sacre.  Tanti miti della creazione, tanti quanti erano le tribù, ma tutti rispettati e onorati. Vorrei accennare brevemente a quello  del Grande Baiame e dei suoi aiutanti Punjel l’architetto del creato, Yhi la dea del sole, Balhoo la luna ed infine Nungeena la dea della natura.
Anche  per gli aborigeni c’era questo essere soprannaturale che abitava sulla Via Lattea in un giardino pieno di fiori e frutti e che aveva molte mogli e molti figli e che un bel giorno aveva sognato la terra e aveva voluto crearla per regalala agli uomini mandando nel cosmo le particelle del suo corpo. S’era servito  dei suoi aiutanti per crearla. Punjel l’architetto, l’aveva aiutato a costruire questa massa informe fino a che ‘limando’ di qua e di là l’aveva resa perfettamente tonda tanto da non incontrare resistenza e galleggiare nell’aria. Per dare la vita a questa terra c’era bisogno di riscaldarla perciò chiese aiuto alla dea del Sole. Quando fu troppo calda si pensò di dare l’ombra e si chiese aiuto alla luna per raffreddarla. Quando il clima fu ideale arrivò Nungeena che per ordine di Baiame doveva abbellirla e renderla lussureggiante e piena di doni proprio come la dimora di Baiame che stava nel cielo.
Lo so che molti di voi stanno pensando alle analogie con la Genesi: e questo è vero. Ma ora sto per darvi una notizia che spiega come mai nel mondo progredito gli uomini  sono riusciti a ridurre  terra in un colabrodo e gli aborigeni, invece, hanno conservato per 50.000 un territorio intatto fino al 1800 quando anche in Australia sono iniziati i primi danni e in poco più di duecento anni questo paradiso terrestre  ha conosciuto di tutto. Non solo l’introduzione di animali e piante che ne hanno alterato l’equilibrio, la perforazione del suolo per arrivare all’acqua  o ai giacimenti di materie preziose ma anche e perfino gli esperimenti nucleari.
La considerazione che vorrei proporvi è questa: Gli aborigeni non sono mai stati cacciati dal Paradiso Terrestre come invece hanno subito gli uomini della cultura giudaico-cristiana. Ecco perché da noi la Terra è diventata quella che è. Ai nostri occhi la terra è apparsa come una matrigna dove avremmo dovuto faticare per trovare sostentamento e dove avremmo dovuto partorire nel dolore. Quindi una terra da conquistare, da sfruttare, da piegare alle nostre necessità, col sudore della fronte.
Immaginate il Brande Baiame che stufo di starsene in Cielo si era creato il Paradiso Terrestre proprio sulla terra. Era  sceso preceduto dal suono che era servito per accordare e bonificare ciò che poteva essere sfuggito ai suoi aiutanti, con 300 uomini e donne tutti altamente specializzati che avrebbero dato il via ad ogni attività che avrebbe riguardato l’uomo. Nessuna gerarchia, nessuna figura sacerdotale, erano tutti alla pari uomini e donne. Unico riferimento per gli uomini era il wirinum o sciamano e per le donne, visto che le loro mansioni supervano di gran lunga quelle degli uomini, due donne sagge Birranooloo per le cose dello spirito e Cannanbeelee per le cose pratiche e materiali.
La riflessione capitale è questa: gli Aborigeni uomini e donne erano scesi insieme al loro Dio a popolare la terra in armonia, in pace, senza nessuna difficoltà. Noi invece siamo stati cacciati dal Paradiso come colpevoli e peccatori che si sarebbero dovuti redimere sulla terra.
Questa riflessione ci porta a pensare  che:
per gli aborigeni la natura non era matrigna non dovevano lavorare per mangiare, ogni aspetto della terra era considerato sacro perché regalato da Baiame, nella terra risiedevano i loro antenati tanto da identificarli in un albero, in una roccia, in un fiume, ecc.; quando si desiderava concepire un uomo e una donna si recavano insieme in un luogo sacro dove si mettevano in contatto con i loro antenati per essere aiutati nel concepimento.  Quando cacciavano gli uomini, uccidevano solo gli animali che si presentavano loro, quando le donne raccoglievano il cibo lasciavano sempre qualcosa sia per proteggere la specie sia per qualcun altro che avrebbe avuto bisogno di cibo. Non conservavano il cibo, lo condividevano, non esiste in nessun dialetto aborigeno l’aggettivo possessivo, la terra era di tutti ed era cantata. Avrete sentito parlare delle vie dei canti, altro non erano che mappe  sonore del territorio tenute integre per millenni fino all’arrivo dell’uomo bianco. Per saperne di più vi rimando al decalogo aborigeno che ho pubblicato in un piccolo saggio che ancora esiste dopo più di 15 anni  è delle Edizioni Mediterranee, Iniziazione al Mondo degli Aborigeni.
Adesso analizziamo la nostra posizione: da colpevoli e peccatori che si dovevano guadagnare il pane col sudore della fronte, siamo stati messi innanzitutto uno contro l’altro. Quando un uomo trovava del cibo lo difendeva con le unghie e con i denti ci si uccideva l’un l’altro per procurarci il sostentamento. La natura era matrigna si aveva paura del fulmine e del tuono e di ogni fenomeno naturale che chiaramente non poteva essere considerato come un’emanazione divina ma magari una punizione e via discorrendo da qui l’accumulo dei beni la produzione degli stessi senza nessun rispetto per le riserve che la natura continua ad offrirci nostro malgrado. Le conseguenze le conosciamo bene e ne abbiamo ampiamente parlato in questo convegno. 

Perciò vorrei chiudere con questa riflessione, perché potrei andare avanti parlando ore ed ore ma penso che né io né voi possediamo più le forze necessarie.  Saluto tutti voi  e ringrazio Gabriella ancora una volta.

Clara Orlandi

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